Russia, 1989
18 min.
Regia di Vladimir Kobrin
Un messaggio inviato il 16 novembre 1974 nello spazio
cosmico alla ricerca di altre forme di vita intelligenti è il punto di partenza
di questo cortometraggio di Vladimir
kobrin, o meglio lo è il grande silenzio
cosmico derivante dalla trasmissione,
la simbolica assenza di risposte interstellari viene supplito dalla polivocità
della troupe cinematografica stessa, la sola in grado di fornire linfa verbale
e spirituale all’attesa e che naturalmente rimane fuoricampo. Lo spazio filmico
è nel frattempo invaso da singolari burattini che si muovono all’interno di uno
spazio manipolato, deformato, frenetico dove la presenza umana è bandita, essi
appaiono solo nella loro versione artefatta e grottesca; tutto assume l’aspetto
di un inganno sensorio, Kobrin utilizza
la metodologia dada della
contraffazione: la concretezza stessa del
reale, la sua sensazione di esistenza, si liquefa nella trasformazione costante
assumendo l’aspetto di un inganno sensorio, di un miraggio transitorio del
tempo sostiene Serafino Murri posizionando
il cinema del cineasta russo nella dimensione dell’Infra-realtà.
Il mio cinema può
essere definito un teatro delle marionette psichedelico, i cui personaggi –
vivi o no – vivono secondo le leggi di una sorta di teatro cosmico. L’artista è
colui che racchiude in sé la distanza che si estende tra la terra e lo spazio.
A mio parere, il compito che devo assolvere consiste nell’asciugare lo specchio
in cui si riflettono l’uomo, e tutta l’umanità; mostrare che questo mondo,
questo “spettacolo” senza Dio – vale a dire senza il punto cui convergono tutti
i fili di noi uomini-marionetta – è senza senso e non è degno di simpatia.
Vladimir Kobrin
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